La Cessione Pro Soluto del Credito "opportunità e convenienza fiscale"
Il Codice Civile disciplina lo strumento della cessione del credito negli artt. che vanno dal 1260 al 1267: esso consiste nella cessione di un credito da parte del creditore titolare del diritto ad un cessionario che acquisisce il diritto al credito, normalmente ad un prezzo inferiore al suo valore nominale.
Il codice civile sancisce inoltre che che il cedente debba garantire, solitamente, la sola sussistenza e validità del credito (c.d. nomen verum) al momento in cui se ne verifica la cessione (cessio pro soluto). In deroga a tale limitazione della responsabilità, però, l'art. 1267 prevede la possibilità, per il cedente, dell'assunzione della garanzia per la solvenza del debitore (cessio pro solvendo).
Il credito si intende ceduto all'atto del perfezionamento del contratto, realizzato per effetto del consenso delle parti.
La differenza tra cessione pro soluto e cessione pro solvendo risiede, quindi, nel fatto che nella prima il cedente è tenuto a garantire soltanto l'esistenza del credito ceduto e non anche la solvibilità del debitore ceduto, come avviene nella seconda, con la conseguenza che il cedente stesso resta liberato da ogni obbligo di pagare, in tutto o in parte, il debito nel caso non vi abbia provveduto il debitore ceduto.
Nella pratica commerciale, la cessione del credito pro soluto avviene, solitamente, per un importo che è considerevolmente inferiore a quello nominale del credito stesso e ciò per due ordini di motivi: il primo è quello che il cedente si assicura, in tal modo, la disponibilità immediata di liquidità e tale "utilità" viene tenuta in considerazione nella fissazione del prezzo dei crediti ceduti, il secondo che le parti contraenti tengono conto, nella fissazione del prezzo, delle effettive possibilità di recupero del credito.
La cessione pro soluto, quindi, produce nella contabilità della società cedente, di regola, l'emersione di quella che è normalmente considerata una perdita su crediti e, dunque, di un componente negativo di reddito interamente deducibile.
Proprio l'individuazione della reale natura di tale componente negativo di reddito è stata oggetto di approfonditi dibattiti da parte della dottrina in quanto la sua collocazione in una categoria, piuttosto che un'altra, può influenzare profondamente la determinazione del risultato economico dell'esercizio della società interessata all'operazione di cessione del credito.
Più in dettaglio, occorre valutare se la differenza tra il valore nominale dei crediti ceduti ed il prezzo di cessione debba essere inquadrata tra le minusvalenze o tra le perdite su crediti.
In concreto, la collocazione del valore tra le minusvalenze comporta, per la società, l'immediata e completa deducibilità di tale importo nell'annualità in cui si verifica senza che venga minimamente interessato il fondo, eventualmente costituito, per la svalutazione dei crediti.

La cessione di perfeziona quando il cessionario invia la lettera - contratto di accettazione. La data dell'invio determina l'esercizio nel quale il cliente contabilizza la perdita. Dopo aver ricevuto tale comunicazione, il cedente:
- emetterà nota di debito per il corrispettivo pattuito "fuori campo iva" ( art. 2 3^ comma DPR 633 26.10.72 e succ. mod. ed integrazioni).
- Invierà ad ogni singolo debitore ( anche se presumibilmente irreperibile) lettera di notifica dell'avvenuta cessione del credito mediante Raccomandata Ar a corpo per avere la data certa
- Invierà al cessionario tutta la docuemntazione attestante l'esistenza dei crediti e più precisamente: copia delle fatture di vendita originali dei titoli insoluti copia delle lettere formulate